La mia conversazione con il fotografo tedesco Andréas Lang sul suo magnifico lavoro Lagos, a story of disappearance è stata citata sul catalogo della undicesima MERCOSUL VISUAL ARTS BIENNAL (Puerto Alegre, Brazil, 6 aprile 2018-3 giugno 2018).
Andréas lavora da anni sul colonialismo tedesco in terra africana. Il suo sguardo sulla storia del continente unisce rispetto e consapevolezza storica ad una estetica raffinatissima capace di scavo metafisico in ferite mai rimarginate.
Ferite le cui ombre sono scritte nella geografia africana. Nelle foreste, nella luce, nel colore della terra e nelle strade, affollate di edifici fatiscenti, di residui architettonici europei e di una umanità frastornata e affamata di giustizia.

Lang ha fotografato i fantasmi del colonialismo in Congo, Camerun, Repubblica Centro Africana (CAR) e Nigeria.
La sua mostra “Kamerun und Kongo – eine Spurensuche und Phantom Geographie” è un capolavoro di sensibilità e di forza immaginifica. Lang è capace di scoprire e catturare la nebbia di un passato che non è mai trascorso, che ha preso in ostaggio l’Antropocene, denso di sofferenza umana e di ecocidi dimenticati.
La sua “African photography” è di gran lunga lo sguardo più profondo sul pattern di estinzione intrinseco alla civiltà moderna in cui io mi sia mai imbattuta. E’ un onore essere stata citata accanto ad Andréas Lang su questa pubblicazione internazionale.
“Lagos, a story of disappearance di Andréas Lang è un viaggio attraverso le conseguenze ultime e finali della impresa umana sulla Terra. Ad un primo sguardo, il passato coloniale di Lagos, che tende a evaporare e scomparire, è fatto delle tracce lasciate dal commercio di schiavi sulla architettura della città.
Ma più si osservano le foto di Andréas più diviene evidente che la memoria di Lagos è intrappolata nella battaglia quotidiana per la sopravvivenza delle persone comuni di questa città. Questa realtà Andréas, alla sua maniera sofisticata e meditata, l’ha scoperta muovendosi in una esplorazione di significati molteplici.
Quando la storia incontra lo scottante presente, il nostro oggi, Andréas rivela la faccia brutale dello sfruttamento, una sorta di estinzione. La totale perdita di una identità storica, che equivale ad un esilio psicologico.
Il talento artistico di Andréas nel raccontare il patrimonio culturale (heritage) della Nigeria, e di fatto la sua eredità coloniale, mi ricorda un passo di Amatissima, il capolavoro di Toni Morrison.
“I luoghi sono sempre là fuori, Se una casa brucia, scompare, ma il luogo – l’immagine del posto – rimane, e non soltanto nel ricordo, ma anche nel mondo”.
Il colonialismo è una impronta, come la CO2 in atmosfera o la defaunazione nelle foreste tropicali della Nigeria. E se hai abbastanza coraggio per guardare e incontrare i demoni del passato, ti accorgerai che questa impronta è una vestigia immortale che prende in ostaggio il futuro.
Lagos Disappearance esplora questa impronta. Mostra come il tempo e l’oblio siano forze reali. Il tempo, infatti, è una forza che plasma o disintegra la nostra capacità umana di venire a patti con il suo scorrere, e di reagire.
Nessuno meglio di Friedrich Hoelderlin lo ha compreso.
“Doch, uns ist gegeben auf keiner Staette zu ruhn. Es schwinden, es fallen die leidenden Menschen, blindings von einer Stunde zur andern. Wie Wasser von Klippe zu Klippe geworfen, Jahr lang ins Ungewisse hinab”.
“Ma a noi non è dato riposare in un luogo, dileguano, precipitano i mortali soffrendo, da una all’altra delle ore, ciecamente, come acqua di scoglio in scoglio negli anni giù nell’ignoto” (Hyperions Schicksalslied).
E qui geworfen è lo stato attuale dell’umanità in Antropocene. Una epoca neocoloniale segnata dall’anonimato dello sfruttamento totale. Per questo, questa è una conversazione su Lagos, e su noi stessi.
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