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In Australia il destino ha cambiato direzione. Gli incendi che da mesi devastano il sud del Paese sono un inferno per gli uomini e per gli animali. Non solo per le persone di nazionalità australiana, che hanno perso tutto. Anche per mezzo miliardo di animali morti e per quelli che moriranno nei prossimi mesi perché il loro habitat non esiste più.

Gli effetti dei megaincendi sulla biodiversità sono infatti talmente gravi che ormai si parla di “piro-diversità”, cioè di contesti ecologici in cui il fuoco è un fattore di cambiamento radicale e di innesco di effetti domino clima-paesaggio sconosciuti in Olocene.

Oggi, buona parte delle foreste del Pianeta ha sete: si trova in uno stato continuo di stress idrico.

Gli effetti dei megaincendi sulla biodiversità sono infatti talmente gravi che ormai si parla di "piro-diversità"

Questa apocalisse non è però solo la nemesi del cambiamento climatico, i cui segnali di avvertimento sono rimasti inascoltati e derisi per decenni.

È arrivato il momento di pagare il conto. Stiamo assistendo, nella fredda Europa, a qualcosa di nuovo. Il destino degli esseri umani si è trasformato nel destino delle specie animali, e viceversa. L’umanesimo di cui siamo così orgogliosi è diventato una forma di distruzione programmata, percepita come irreversibile.

Per capirlo, basta guardare la dedizione, l’abnegazione e la tenerezza con cui moltissimi volontari dei centri di recupero e persone comuni hanno offerto acqua e riparo a koala, vombati e canguri sconvolti dal fuoco e dalle ustioni.

Una intera nazione, nelle mani e nei cuori di gente come noi, in bermuda e magliette stinte, combatte contro il trauma della distruzione totale insieme ad animali annichiliti, che si affidano ai loro salvatori con fiducia. Quasi con amore.

È molto di più di una espressione della “trans-species relationship”, l’empatia cognitiva tra specie diverse descritta dalla neurospicologia evolutiva di scuola americana. Qui non si tratta solo di aver riconosciuto nella sofferenza animale la propria sofferenza.

Il soccorso agli animali braccati dal muro di fuoco di una atmosfera satura di CO2 è un atto di coscienza. Epifania, ma anche agnizione. Il destino umano ha cambiato direzione, nel New South Wales.

Nel pensiero occidentale il destino è un privilegio degli esseri umani.

Soltanto agli uomini è concesso di andare incontro al proprio scopo definitivo, incontrando la propria vocazione eroica oppure soccombendo alla ineluttabilità delle forze della natura. Reggere il destino, come ripete spesso Umberto Galimberti, è una virtù dell’uomo dalle nobili virtù morali.

Per i Greci, l’eroe è quasi più venerabile di un dio, perché l’eroe ha il coraggio supremo di andare fino in fondo al suo demone (il suo carattere più autentico), costi quel che costi.

Nel Cristianesimo, la regione di Stato della civiltà occidentale che conquista il Pianeta facendone terra di saccheggio, il destino diventa provvidenza. Un disegno di salvezza e di redenzione, anche questo riservato alla creatura apice della creazione, l’uomo.

Al principio dell’età industriale, l’uomo europeo avverte di poter finalmente divenire padrone dei vincoli fatali che lo incatenato alla terra, alle stagioni, ai limiti materiali della sua esistenza.

Lo ha spiegato molto bene lo storico Oliver Cussen sulla LONDON REVIEW OF BOOKS.

“Anche prima della macchina a vapore di Watt e delle prime fabbriche, divenne possibile immaginare, ed aspettarsi nella propria vita, una emancipazione collettiva, per quanto graduale, dalla scarsità perenne, grazie in buona misura ad una maggiore disponibilità di merci, merci che soddisfano certo bisogni primari ed essenziali, come il cibo, ma anche anche oggetti di lusso, ad esempio vestiti alla moda. Questa prosperità materiale s’accompagnava alla fiducia che la società fosse in grado di organizzare se stessa. Veniva così respinta ogni forma di dipendenza psicologica, che fosse rappresentata da Dio, dal re o dalla natura. Gli interrogativi sui limiti ecologici e sulla sostenibilità dell’agricoltura capitalista furono così importanti per i pensatori illuministi proprio perché si fondavano sulla nozione di abbondanza ed autonomia, l’idea, in altre parole, che, se la società diventava più ricca, allora poteva farsi carico del proprio destino. La scarsità naturale era solo una altra forma di autorità arbitraria, un altro palazzo in cui irrompere, come in un tumulto popolare”.

Ma da dove viene il destino? È questa la domanda che il pensiero europeo, nonostante tutto, rimette in circolazione (non a caso) dopo la prima guerra mondiale.

È la lingua tedesca a fornirci le coordinate sostanziali per capire che cosa accade di nuovo, all’indomani di una presa di coscienza assoluta sulla capacità umana di annichilire la civiltà.

In tedesco destino si dice Schicksal, che significa “ciò che è mandato”. Heidegger insistette parecchio su questa parola, nei suoi ultimi corsi universitari. Se qualcosa è mandato, deve provenire da un luogo. E il destino è esattamente questo: ciò che arriva a noi da premesse lontane, nello spazio e nel tempo. Il destino è il copione su cui sono scritte le coordinate spazio-tempo fondamentali della nostra esistenza.

Io credo che il destino sia il Pianeta.

E il Pianeta è la storia evolutiva delle faune e degli ecosistemi.

Noi, come soggetti determinati nella nostra biografia personale, e come individui della specie Homo sapiens, dobbiamo rispondere della nostra appartenenza al Pianeta.

Il nostro destino è allora rispondere a questo richiamo di responsabilità.

Poiché il Pianeta non è composto di soli uomini e donne, ma di milioni di specie animali e vegetali, accettare il proprio destino significa condividere il diritto di esistere delle altre specie, farlo proprio, sentirselo sulla pelle.

Il destino non è una via speciale tracciata per gli uomini da chissà quale divinità superiore. É il sentimento di esistenza comune tra uomini e animali.

Gli Australiani si sono scoperti non solo braccati del fuoco, ma anche terribilmente vicini agli animali endemici del loro mondo, del loro paesaggio, delle loro case. Hanno capito che non c’è destino di uomini che non sia destino di animali.

2 risposte a “In Australia il destino ha cambiato direzione”

  1. Alessandro Corrà

    Un bel commento molto profondo e ricco di commenti storici, che servono a rendere più sensibile la tragedia che animali, vegetazione e esseri umani stanno vivendo e subendo in Australia. Credo che sia solo un inizio di quello che il cambiamento climatico ci sta preparando per il futuro. Intanto l’uomo pensa solo a preparare nuove guerre (perchè le bombe non inquinano l’aria) dove si pensa solo a prevalere su altri popoli.Il destino ci verrà in aiuto?

    1. Se il destino è un previlegio degli esseri umani, credo che il destino non ci verrà in aiuto fintantoché saranno gli attuali
      esseri umani a governarci. Mi dispiace.

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